MARVEL IT
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PRESENTA

 

MATTATOIO 666

 

 

L'ultimo camion con il bestiame arrivò mentre stavo facendo una pausa. Ero seduto fuori dal macello su un piccolo blocco di pietra. Fumavo svogliatamente una sigaretta e guardavo il cielo. Avevo bisogno di una vista che non avesse il colore del ferro e del sangue. Le mie mani puzzavano di morte fresca e così il grembiule plastificato. Prima di uscire mi ero dato una lavata, ma certi odori non se ne vanno via così facilmente.

Lavoravo lì da un paio di giorni e stupiva anche me il fatto che non facessi più caso a tutte le giugulari che tagliavo, al liquido rosso nelle bacinelle metalliche.

Mi ero abituato a quella catena di montaggio terribile. Guardai i miei colleghi aprire il retro del camion. Uno di loro fece brillare un pungolo elettrico.

Entrò e sentii muggire di dolore, poi le mucche una ad una, trascinate malamente, venivano condotte nell'area dell'anestesia.

Un modo carino per descrivere degli elettrodi da 300 volt applicati alle teste di quei poveri animali, o peggio il rumore di stantuffo prodotto dalla canna della pistola stordente.

La sigaretta era quasi finita come i miei quindici minuti di aria. La schiacciai sotto lo stivale, aggiustai il grembiule e rientrai mentre gli uomini iniziavano ad appendere per le zampe gli animali.

Il suono sempre uguale del nastro che trascinava quei pezzi di carne dentro il macello mi accompagnò fino alla mia postazione dove mi aspettava il coltello dalla lama lunga e seghettata.

Ero l'ultimo arrivato e toccava a me il lavoro veramente sporco. Tagliare la gola e far scolare il sangue, lasciare che gli animali morissero dissanguati davanti a me era la parte piacevole. Quella dura era rimuovere la testa con un seghetto, amputare le zampe posteriori e anteriori e infine, la cosa davvero disgustosa, rimuovere con cura il tratto intestinale per impedire che la merda che ancora c'era contaminasse le future bistecche.

Con le mani dentro il ventre caldo dell'animale mi chiesi quanto ci avrebbe messo Ghost Rider a dire a me Johnny Blaze perché ero finito in quel posto.

Mi sembrò quasi di sentirlo ridere, come può solo fare un teschio sbattendo i denti, quando svuotai le budella.

 L'unica cosa che sapevo è che non dava tregua ai miei sogni. Il dramma è che non potevo ignorarli. Davano degli indizi su dove sarei dovuto andare.

Quello che mi ha portato qui a Twin Falls in questo macello è stato uno dei meno terribili e dei più espliciti. Nell'incubo la cittadina era distrutta e pioveva carne dal cielo.

Pezzi grossi e piccoli che cadevano ovunque. In lontananza l'unico edificio ancora in piedi era il macello. Andandoci vicino vidi un cartello. Lessi cosa c'era scritto. “Twin Falls Slaughterhouse 6. Si cerca personale”.

Ebbi solo il tempo di farlo prima che ombre rosse, consistenti e grumose come frattaglie mi circondarono e tra queste una si sollevò, come una figurina di carta che viene messa in piedi.

Prima di svegliarmi vidi che quella cosa vermiglia mi puntava contro una mano, e per quanto indistinto notai che portava un anello.

La sirena di fine lavoro mi riempì le orecchie riportandomi dai miei pensieri alla realtà. Per un attimo ebbi l'impressione che la testa di mucca che avevo staccato dall'animale mi guardasse. Fu solo un attimo prima che due miei colleghi mi apparissero ai fianchi. Uno era un irlandese più o meno della mia età.

Era addetto alla disinfestazione. Si occupava di ripulire con getti d'acqua calda o particolari prodotti i pezzi di carne in modo tale che non venisse contaminata da batteri. L'odore acre del disinfettante che gli aleggiava attorno era il benvenuto nella mia zona dove il sangue, stagnando nelle bacinelle da diverse ore, avrebbe fatto venire la nausea anche allo stomaco più corazzato. L'altro era sui 45 anni ed era il capo di quelli che venivano chiamati “gli avvoltoi”.

Questi si occupavano, una volta che erano state tagliate, stoccate e messe nelle celle frigorifere le parti principali, di recuperare tutta la carne attaccata alle ossa o gli altri rimasugli, nervi e tendini che, in quanto commestibili, avevano ancora un valore.

-Allora Blaze questa è la tua grande serata. Terzo giorno equivale all'iniziazione. Non ci sono molti divertimenti da queste parti e tu ne offrirai senz'altro uno.- scherzò l'irlandese i cui occhi non promettevano nulla di buono. L'altro si comportava in modo più distaccato mettendomi, solo dopo un paio di minuti di studio, il braccio sulle spalle.

Prima di tutto avevo bisogno di una doccia che potevo farmi lì o nel piccolo motel dove alloggiavo. Poi li avrei raggiunti al locale che avevano scelto.

-Ci vediamo lì.- dissero infine.

Mi tolsi i guanti e il grembiule e mi avviai verso l'area spogliatoio e docce. Non avevo una gran voglia di bere in loro compagnia, ma dovevo iniziare a fare domande. La fase di ambientamento era finita e non potevo certo aspettare che le risposte che cercavo mi piovessero dal cielo o uscissero dall'inferno.

A dire il vero avevo già iniziato timidamente ad indagare. Sembrava però che a parte le cascate delle Twin Falls, quella cittadina fosse nota anche per l'assoluta tranquillità della sua gente.

La visione apocalittica vista nel sogno strideva con la storia passata e presente della città. Però sapevo per esperienza, l'ultima la faccenda con le zucche in Oregon, che Ghost Rider non si sbagliava mai quando c'era da mettermi su qualche graticola soprannaturale.

Era più giusto credere che stava preparando il carbone e non aveva ancora acceso il fuoco.

 

***

 

La maledizione di Ghost Rider ogni tanto aveva dei lati positivi. Con tutto quel fuoco infernale nelle vene potevo bere come una spugna senza subirne gli effetti. Anzi dovevo stare attento a non esagerare per non dare nell'occhio. Come attore non ero un granché e credo che nessuno al tavolo fosse totalmente convinto della mia voce blaterante e del tremore delle mani mentre riempivano un altro bicchiere.

Twin Falls non aveva molti posti dove andare se eri in cerca di qualcosa di più di una torta di mele e del sidro. L'unico che offriva anche del modesto intrattenimento da night era il Killer Tits Bar all'uscita della città. Eravamo lì ormai da tre ore e conoscevo perfettamente i capezzoli di tutte le cameriere in topless che avevano l'ottima abitudine di sbatterli in faccia durante il servizio.

Non avevo cavato molto dai miei colleghi. Il più chiacchierone era l'irlandese. L'avvoltoio anche quando non ripuliva carcasse stava sulle sue, quasi appollaiato sulla sedia a fissare dall'alto la bottiglia. C'era anche la segretaria, una moretta sui 30, parecchio insipida che lavorava in ufficio e una sua amica disgustata da quel ritrovo di ormoni maschili.

-Un ultimo giro e poi tutti a nanna.- dissi con la voce un po' liquida. L'irlandese protestò biascicando qualcosa sulla notte giovane, ma poi accettò di buon grado il bicchiere della staffa. Fu a quel punto che la segretaria se ne uscì fuori con qualcosa. Alzò il bicchiere cercando prima il mio.

-Si brindiamo perché magari non ne avremo più la possibilità. Si festeggia mentre Roma brucia. Una storia già vista.

-Cosa intendi dire? Che il capo vuole chiudere il macello e licenziare tutti?- chiesi immaginandomi che avesse sbirciato nei conti dell'azienda.

-Il capo lo ha tenuto per se e ha chiesto allo sceriffo di non allarmare nessuno, ma l'altra notte qualcuno si è introdotto nello stabilimento. La guardia non è riuscita a beccarlo. Sembrava cercasse qualcosa.

L'amica sonnecchiava piegata sul tavolo, l'avvoltoio mosse un sopracciglio. L'irlandese guardava nella direzione di capezzoli in movimento.

-Scusa Johnny, non volevo rovinare la tua serata.

Lei non lo sapeva, ma stava iniziando finalmente ad ingranare. Mi sentii un verme con lei, ma le chiesi se avremmo potuto continuare a parlare da soli, da qualche parte. Era venuta al Killer Tits Bar perchè aveva un'evidente debole nei miei confronti. Chissà cosa avrebbe detto se avesse saputo che sotto il mio bel faccino da motociclista si nascondeva un teschio con la permanente di fuoco.

L'irlandese mi chiese sottovoce se ero munito di preservativi e poi guadagnò il bagno. L'avvoltoio mi salutò a suo modo con un cenno sobrio della mano. L'amica adesso russava spalmata sempre più sul tavolo.

Fuori la segretaria mi prese sotto braccio.

-Potremmo andare da me.

-Si buona idea, io sto ancora al motel. Cosa sai sul tizio che ha fatto irruzione?- dissi guardandola nel modo più sexy possibile.

-Il capo sospetta che faccia parte di una fazione ambientalista. Secondo lui non stava cercando qualcosa, ma voleva piazzare una bomba. Ma non possiamo parlare d'altro... di quello che potremmo fare stanotte?

-Certo, ma lo vuoi conoscere un segreto?

Era nello stadio in cui il mio fascino e l'alcol potevano farle credere a qualunque cosa.

-Sono in missione, sotto copertura. Di più non posso dirti.

Lei sembrò per un attimo sgusciare dalla mia rete.

-Ho capito, mi stai seducendo per avere informazioni...- mi saltò addosso baciandomi, feci fatica a sostenerla e solo un provvidenziale pick up parcheggiato vicino mi offri l'appoggio necessario per non farci cadere entrambi- mi va benissimo, cosa sei disposto a darmi per tutto quello che so?

Me la trovai attaccata alle labbra. Accettai il bacio e poi dopo che si fu calmata.

-C'è un gruppo ambientalista che agisce qui in città?

-Ho sentito lo sceriffo parlare con il mio capo- fece una pausa ripassandosi le labbra con un rossetto più carico- noi segretarie siamo brave ad origliare. Lo sceriffo sapeva chi poteva essere e ha aggiunto che ci avrebbe pensato lui. Solo che non si occupa solo di Twin Falls, troppi pochi abitanti per avere uno sceriffo, e così... ho paura che prima che lo pizzichi, il tipo ambientalista potrebbe colpire ancora.

A questo punto in un copione perfetto si sarebbe sentito un urlo disumano di qualcuno che veniva scannato vivo. Quello che udimmo era qualcosa che superava ogni grido possibile e proveniva dal Killer Tits bar.

Corsi verso l'ingresso sentendo il fuoco infernale che pompava furioso e correva veloce nelle vene pronto ad incendiarmi il cuore. La trasformazione era vicina. Mi gettai nell'angolo buio che si illuminò di fiamme non di questo mondo. La segretaria chiamò il mio nome e quando vide un teschio fiammeggiante entrare nel bar svenne semplicemente.

All'interno c'era una gran confusione. La mia presenza ebbe lo stesso effetto di un cerino in un bidone di benzina.

Una ragazza in topless tremava in un angolo. Il barista aveva in mano il fucile che usava per dissuadere certi clienti. Ghost Rider lo fissò e lui si rannicchiò dietro il bancone. L'amica dormiva della grossa sul tavolo. L'avvoltoio invece era vicino al bagno e aveva le braccia dal gomito alle dita sporche di sangue. Da come si muoveva e urlava non doveva essere il suo.

Ghost Rider lo scansò entrando nel bagno. Vidì attraverso i suoi occhi. Se fossi stato umano avrei vomitato il pasto di una settimana. Il cesso faceva già schifo di suo senza la cosa appesa nel centro ad un gancio rossastro. Era come uno degli animali del macello, solo che quel torso sventrato nel centro e aperto era quello di un uomo. Una delle porte dei bagni era spalancata, Ghost Rider superò quel trofeo sotto il quale si era creata una pozza rossastra e densa. Sopra la tavoletta c'era la testa dell'irlandese.

Ghost Rider non si scompose e andò verso la parete che dava sull'esterno. Concentrò l'energia in un pugno e la sfondò come fosse di cartone. Uscì fuori. La notte adesso era striata di rosso: bagliori nel cielo come fulmini cremisi che annunciavano una tempesta di sangue. L'atmosfera era quella del mio incubo. Perché uccidere in quel modo l'irlandese?

Ghost Rider alzò lo sguardo, una piccola utilitaria stava cadendo contro di lui. Si piegò leggermente e con una lingua di fuoco che gli uscì dalla bocca, tipo drago, la tagliò in due. Rimase calmo mentre le due parti gli caddero di fianco.

Sentii, dall'interno di Ghost Rider, le macchine che venivano messe in moto. La gente che c'era stava lasciando in fretta il luogo della battaglia.

Il cielo rosso nascondeva la figura dello stesso intenso colore che vi fluttuava in mezzo e, solo quando questa scese in terra, Ghost Rider potè avere un bersaglio contro cui indirizzare la sua rabbia.

-Empia creatura devi pagare per il sangue che hai versato. Lo sguardo della vendetta cadrà su di te.

Attraverso le orbite dello spirito della vendetta mi sembrava un uomo, forse uno di quei super criminali dai costumi sgargianti. Quello che aveva fatto all'irlandese nel bagno però non era da essere umano.

Ghost Rider lo attaccò solo per scoprire che i suoi poteri soprannaturali gli permettevano di moltiplicare la sua immagine creando tante figure come la sua. Ombre rosse come quelle dell'incubo.Parlò.

-Io sono la vendetta. Vendico esseri che non hanno voce, che vengono macellati solo perché noi cosiddetti umani possiamo nutrirci. Costruiamo interi edifici dove pratichiamo una tortura legalizzata, un massacro alla luce del sole. La storia non ci ha insegnato nulla, siamo rabbrividiti per le deportazioni e le stragi, ma quando le vittime non camminano erette guardiamo dall'altra parte o peggio giustifichiamo il tutto come qualcosa di necessario.

Ghost Rider non lo ascoltava mentre colpiva quei fantasmi rossi. Quando l'ultimo si fu dissolto davanti a lui si trovò a pochi metri dal suo nemico. Il suo costume non era di tessuto, ma di carne e sangue pulsanti. E alla mano aveva un anello come nel sogno.

-La mia causa è giusta oppure non avrei trovato questo anello. Non è stato Dio a darmelo perché ha creato gli uomini mangiatori di carne ma qualcuno più potente di lui. Quando avrò finito qui in terra andrò anche a cercarlo nel paradiso dove si nasconde.

Puro delirio di onnipotenza accresciuto dal potere che aveva ottenuto.

-Il destino è buffo.- rise e il cielo sopra di lui lo seguì ricamandosi di fulmini rossi -Come si potrebbe definire altrimenti il fatto che ho trovato l'arma per distruggere la dittatura della carne in un macello come quello di Twin Falls.

Dieci a uno che quello era il vegano terrorista che si era introdotto nello stabilimento e che lo sceriffo cercava. Vedendo cosa era diventato sperai che non l'avesse ancora fatto.

Provai una cosa che non avevo mai tentato da quando, dopo essere tornato come Ghost Rider, scoprii che il mio nuovo rapporto con lui era come quello tra un master e il suo schiavo.

Gli parlai chiedendogli di lasciarmi dirigere le danze.

Non so come feci, ma mi trovai a dettare le sue parole. La voce cavernosa dello spirito adesso aveva il mio modo di parlare.

-Cosa aveva fatto di male quel povero ragazzo che hai squartato e appeso? Non ti sei mai chiesto che, come molti che lavorano nei macelli, magari non gli piacesse quello che faceva, ma era il suo lavoro e non aveva possibilità di trovarne altri. Ti poni sopra tutti guardandoci con la tua ottica distorta e assolutista di mangia carote, ci giudichi degli assassini quando l'unico che lo è sei tu.

-Ho sentito i suoi pensieri. I pensieri di tutti. Vi preoccupate solo di quanto è buona una bistecca, di cosa finisce nel vostro piatto. Lui è il primo. Me lo ha detto l'anello. Quando l'ho infilato nel suo corpo ancora caldo e aperto... ho sentito altra energia. L'ho ricaricato- sollevò il braccio e un lampo rosso scaturì dalla mano con l'anello.

-Da dove viene quella cosa?

-Non lo so, ma era nascosta in una cassetta nei sotterranei del macello e mi chiamava. Diceva il mio nome. L'ho indossato e mi ha detto cosa fare. L'anello però non sapeva che c'erano altri come me.

-Sei posseduto da quella cosa come lo sono io. Lo vedi questo corpo, questa faccia di teschio è la mia maledizione.

-E' una benedizione, un dono che stai sprecando. Questi poteri ci aiuteranno a cambiare il mondo.

-Quell'anello vuole solo carne umana per prendere energia, non succhia la tua soltanto perchè da solo non può avere ciò che vuole. Se mi ascolterai ti aiuterò a togliertelo.

-Io non voglio farlo.

Il tempo della diplomazia era finito. Si sentirono dei tuoni e poi la pioggia che cadde era densa e aveva il sapore del sangue.

Come nel mio incubo. Ghost Rider rivoleva il controllo, gli chiesi di darmi ancora un po' di tempo. Accettò.

La voce della segretaria che si risvegliò con in bocca del sangue attirò prima il mio nemico.

Quei bastardi che erano scappati dal locale l'avevano lasciata lì. O forse non se ne erano accorti nella fretta. Non feci in tempo a prenderla tra le braccia ossute di Ghost Rider, perché l'essere la ghermì sollevandola con dei fili che erano tendini e nervi umani. Lo vidi andarsene via camminando nell'aria rossa e elettrica. Non potevo seguirlo, ma sapevo dove la stava portando.

 

*** 

 

La porta di metallo del macello si chiuse alle mie spalle e il rumore colpì come un'onda l'interno fino a quando non si dissolse nel buio. In quella semi oscurità, ferita solo dalle luci rosse che entravano dai finestroni in alto,riconoscevo a stento quell'ambiente.

Alzai lo sguardo del teschio e sopra la mia testa c'erano i ganci per le bestie e in quelle tenebre i loro profili sembravano quelli di nemici nell'ombra. Ghost Rider non aveva certo paura del buio, ma io ero pur sempre umano e ragionavo come tale.

Allungai una mano e lasciai che una fiammella di fuoco infernale si formasse intorno alle dita. La sollevai avendo adesso una torcia con cui dare luce al nero.

Si annunciò con un sibilo, ma non riuscii ad evitarlo e così l'uncino di metallo dondolò prima silenzioso alle mie spalle e poi si conficcò nella schiena superando la protezione del giubbotto e ancorandosi alla spina dorsale.

Non urlai, ma il mio tentativo di liberarmene subito fu frustrato dalla catena che tornava in alto a scorrere dentro al nastro che si era messo in movimento.

In due giorni avevo l'avevo visto tante volte in azione mentre trascinava gli animali sgozzati e sventrati attraverso le porte automatiche e poi nel grande ventre del deposito.

Il mio nemico mi stava portando alla sua festa e aveva fatto in modo che non rifiutassi l'invito.

Non mi dimenai più, rimasi calmo appeso lì come uno dei tanti pezzi di carne che erano passati prima di me. Le porte stridettero e si spalancarono come quelle di un tunnel dell'orrore e io mi trovai a sbattere contro due carcasse prima che il nastro si bloccasse di nuovo.

-Come ci si sente ad essere trattati in questo modo? Credi ancora che gli uomini debbano far soffrire così tanto degli animali al solo scopo di nutrirsi?

La voce sembrava muoversi come una cosa viva attraverso le mucche, era così potente da scontrarle, spostandole dal suo cammino. Poi la catena scese bruscamente e mi ritrovai a terra. Mi girai e con la fiamma che ancora ardeva nella mia mano sciolsi il manico del gancio. La parte che restava la tolsi con un po' di sforzo e il suono che produsse fu simile a quello del tappo di un bottiglia.

Non avevo né carne né sangue solo ossa avvolte dalle fiamme.  Mi trovai circondato dai cadaveri delle bestie. La voce tornò e ruggiva più di prima, era come un vento sonoro. Le fiamme sulla mia testa si mossero presagendo un attacco.

-Quello che si pratica qui dentro è un orribile sterminio. L'uomo ha sempre arrecato dolore non perchè non ci fosse altro modo, ma perchè è nella sua natura. Ha inventato la tortura e sappiamo bene che solo in pochi casi è davvero servita ad ottenere qualcosa. Per il resto ha fatto venire orgasmi a chi la praticava.

Stava cercando di distrarmi non solo con le sue parole come uncini, ma anche facendo muovere le carcasse appese. Iniziarono una danza di carogne, si spostavano lungo le direttrici dei nastri. C'era un gran rumore di metallo che ne toccava altro.

-Dov'è la ragazza? Lei è innocente.

-E come tale verrà trattata.

Gli occhi di Ghost Rider erano fori riempiti di nero e nulla eppure dentro quel buio avvampava il mio sguardo e adesso si posava sul corpo della segretaria. Era  legata mani e piedi e penzolava come tutto in quel dannato deposito. Non era cosciente. Meglio così. Meglio per lei.

-So perchè te ne stai nell'ombra e ti proteggi dietro alla ragazza?. Il tuo potere si sta esaurendo non è vero?

Per tutta risposta la carne si aprì davanti a me come un mar rosso organico. Non vedevo cosa si stesse muovendo in mezzo sentii solo il pugno poderoso allo stomaco. Mi ritrovai catapultato all'indietro contro la parete che resse all'impatto con il mio corpo potenziato.

-Basta giochetti? A me sta bene. Sono un tipo che sa tanto incassare...

Mi gettai su di lui e lo placcai. Ma quello che le mie braccia strinsero era solo un vapore rossastro. Avevo abbassato la guardia e così mi trovai ad essere calciato come un pallone. Ruzzolai di nuovo contro la parete. Se le mie ossa fossero state normali a quel punto non ne avrei avuta più una intatta.

Mi rialzai. Mi sembrava di essere in un brutto spaghetti western dove l'eroe viene brutalmente pestato. Era meglio passare alla parte dove il nostro si vendicava restituendo colpo su colpo.

Ghost Rider premeva sempre più dentro il cranio, voleva riprendere il suo corpo. Era come se mi dicesse che adesso la mia ora d'aria era finita. Non volevo mollare, in un certo senso stavo dimostrando qualcosa a me stesso e all'essere che mi aveva maledetto.

Rimasi lì a leccarmi ferite che non c'erano, volevo che il vegano lo credesse solo così avrebbe fatto il passo più lungo della gamba. Letteralmente perchè stavolta il suo calcio divenne preda delle mie mani. Finalmente stringevo qualcosa tra le dita.

Lo afferrai e iniziai a farlo girare intorno fino a quando non divenne una saetta rossa e allora lo spedii contro la cella frigorifera. Impattò così' forte contro la porta, spessa parecchi cm, da aprirci un foro in mezzo e finire dritto nella ghiacciaia. Scardinai quanto rimaneva in piedi e armato di quello lo colpii di nuovo.

Lo vidi nei suoi occhi, piccoli nei scuri sulla faccia rossa, che aveva paura, che il suo sguardo puntato sull'anello lo angosciava.

-Questa volta non c'è un irlandese da usare come una batteria vivente, questa volta ci siamo solo tu ed io. Chiunque tu sia?. E' evidente che dentro quel guscio non ci sia più nulla di umano.

-Io non rinnego le mie origini tu invece Zarathos ti sporchi le mani ossute con gli umani, lasci che siano loro a guidarti.

-Chi sei?

-Sono tornato e questo basta.

-Hai vinto una battaglia non la guerra.

L'anello scivolò dal dito e si sollevò in aria.

Non feci in tempo a fare nulla che scomparve.

Presi in braccio l'uomo che era stato corrotto da quel male di cui non conoscevo nulla, mentre lui al contrario sembrava sapere parecchio su di me e su Ghost Rider, e lo portai fuori.

Non potei aiutarlo ne fermare la degenerazione veloce che divorò prima la pelle, poi i muscoli fino a consumare ogni fibra del suo essere. Per un attimo le mie orbite fissarono quelle di un altro teschio e poi non fu più nemmeno polvere. La ragazza era ancora svenuta, la liberai. Sarei partito da Twin Falls quella notte stessa. Dietro di me la forma scura del macello si allontanava mentre me ne andavo.

La trasformazione in umano fu più dolorosa del solito come se Ghost Rider  volesse ricordarmi che comandava sempre lui. Dopo aver visto com'era finita la possessione dell'anello pensai che a me andava ancora bene. Riavevo la mia pelle, la mia carne anche se non era piacevole mentre si formava sulle ossa come creta.

La mia moto venne a prendermi, una freccia di fuoco che si fermò a pochi passi da me prima di tornare normale. Me ne andavo da lì con più domande di quante ne avessi al mio arrivo. Cos'era quell'anello? Da dove veniva? Avevo  un’unica certezza, quella che avrei sentito ancora parlare di quella cosa. Qualcuno la chiamava la maledizione dell'eroe, io semplicemente  il mio lavoro. Il mio dannato lavoro.

 

FINE.