MARVEL IT
PRESENTA
MATTATOIO 666
L'ultimo camion con il bestiame arrivò
mentre stavo facendo una pausa. Ero seduto fuori dal macello su un piccolo
blocco di pietra. Fumavo svogliatamente una sigaretta e guardavo il cielo. Avevo
bisogno di una vista che non avesse il colore del ferro e del sangue. Le mie
mani puzzavano di morte fresca e così il grembiule plastificato. Prima di
uscire mi ero dato una lavata, ma certi odori non se ne vanno via così
facilmente.
Lavoravo lì da un paio di giorni e
stupiva anche me il fatto che non facessi più caso a tutte le giugulari che
tagliavo, al liquido rosso nelle bacinelle metalliche.
Mi ero abituato a quella catena di
montaggio terribile. Guardai i miei colleghi aprire il retro del camion. Uno di
loro fece brillare un pungolo elettrico.
Entrò e sentii muggire di dolore, poi
le mucche una ad una, trascinate malamente, venivano condotte nell'area
dell'anestesia.
Un modo carino per descrivere degli
elettrodi da 300 volt applicati alle teste di quei poveri animali, o peggio il
rumore di stantuffo prodotto dalla canna della pistola stordente.
La sigaretta era quasi finita come i
miei quindici minuti di aria. La schiacciai sotto lo stivale, aggiustai il
grembiule e rientrai mentre gli uomini iniziavano ad appendere per le zampe gli
animali.
Il suono sempre uguale del nastro che
trascinava quei pezzi di carne dentro il macello mi accompagnò fino alla mia
postazione dove mi aspettava il coltello dalla lama lunga e seghettata.
Ero l'ultimo arrivato e toccava a me
il lavoro veramente sporco. Tagliare la gola e far scolare il sangue, lasciare
che gli animali morissero dissanguati davanti a me era la parte piacevole.
Quella dura era rimuovere la testa con un seghetto, amputare le zampe
posteriori e anteriori e infine, la cosa davvero disgustosa, rimuovere con cura
il tratto intestinale per impedire che la merda che ancora c'era contaminasse
le future bistecche.
Con le mani dentro il ventre caldo
dell'animale mi chiesi quanto ci avrebbe messo Ghost Rider a dire a me Johnny
Blaze perché ero finito in quel posto.
Mi sembrò quasi di sentirlo ridere,
come può solo fare un teschio sbattendo i denti, quando svuotai le budella.
L'unica cosa che sapevo è che non dava tregua
ai miei sogni. Il dramma è che non potevo ignorarli. Davano degli indizi su
dove sarei dovuto andare.
Quello che mi ha portato qui a Twin
Falls in questo macello è stato uno dei meno terribili e dei più espliciti.
Nell'incubo la cittadina era distrutta e pioveva carne dal cielo.
Pezzi grossi e piccoli che cadevano
ovunque. In lontananza l'unico edificio ancora in piedi era il macello.
Andandoci vicino vidi un cartello. Lessi cosa c'era scritto. “Twin Falls
Slaughterhouse 6. Si cerca personale”.
Ebbi solo il tempo di farlo prima che
ombre rosse, consistenti e grumose come frattaglie mi circondarono e tra queste
una si sollevò, come una figurina di carta che viene messa in piedi.
Prima di svegliarmi vidi che quella
cosa vermiglia mi puntava contro una mano, e per quanto indistinto notai che
portava un anello.
La sirena di fine lavoro mi riempì le
orecchie riportandomi dai miei pensieri alla realtà. Per un attimo ebbi
l'impressione che la testa di mucca che avevo staccato dall'animale mi
guardasse. Fu solo un attimo prima che due miei colleghi mi apparissero ai
fianchi. Uno era un irlandese più o meno della mia età.
Era addetto alla disinfestazione. Si
occupava di ripulire con getti d'acqua calda o particolari prodotti i pezzi di
carne in modo tale che non venisse contaminata da batteri. L'odore acre del
disinfettante che gli aleggiava attorno era il benvenuto nella mia zona dove il
sangue, stagnando nelle bacinelle da diverse ore, avrebbe fatto venire la
nausea anche allo stomaco più corazzato. L'altro era sui 45 anni ed era il capo
di quelli che venivano chiamati “gli avvoltoi”.
Questi si occupavano, una volta che
erano state tagliate, stoccate e messe nelle celle frigorifere le parti
principali, di recuperare tutta la carne attaccata alle ossa o gli altri
rimasugli, nervi e tendini che, in quanto commestibili, avevano ancora un
valore.
-Allora Blaze questa è la tua grande
serata. Terzo giorno equivale all'iniziazione. Non ci sono molti divertimenti
da queste parti e tu ne offrirai senz'altro uno.- scherzò l'irlandese i cui
occhi non promettevano nulla di buono. L'altro si comportava in modo più
distaccato mettendomi, solo dopo un paio di minuti di studio, il braccio sulle
spalle.
Prima di tutto avevo bisogno di una
doccia che potevo farmi lì o nel piccolo motel dove alloggiavo. Poi li avrei
raggiunti al locale che avevano scelto.
-Ci vediamo lì.- dissero infine.
Mi tolsi i guanti e il grembiule e mi
avviai verso l'area spogliatoio e docce. Non avevo una gran voglia di bere in
loro compagnia, ma dovevo iniziare a fare domande. La fase di ambientamento era
finita e non potevo certo aspettare che le risposte che cercavo mi piovessero
dal cielo o uscissero dall'inferno.
A dire il vero avevo già iniziato
timidamente ad indagare. Sembrava però che a parte le cascate delle Twin Falls,
quella cittadina fosse nota anche per l'assoluta tranquillità della sua gente.
La visione apocalittica vista nel
sogno strideva con la storia passata e presente della città. Però sapevo per
esperienza, l'ultima la faccenda con le zucche in Oregon, che Ghost Rider non
si sbagliava mai quando c'era da mettermi su qualche graticola soprannaturale.
Era più giusto credere che stava
preparando il carbone e non aveva ancora acceso il fuoco.
***
La maledizione di Ghost Rider ogni
tanto aveva dei lati positivi. Con tutto quel fuoco infernale nelle vene potevo
bere come una spugna senza subirne gli effetti. Anzi dovevo stare attento a non
esagerare per non dare nell'occhio. Come attore non ero un granché e credo che
nessuno al tavolo fosse totalmente convinto della mia voce blaterante e del
tremore delle mani mentre riempivano un altro bicchiere.
Twin Falls non aveva molti posti dove
andare se eri in cerca di qualcosa di più di una torta di mele e del sidro.
L'unico che offriva anche del modesto intrattenimento da night era il Killer
Tits Bar all'uscita della città. Eravamo lì ormai da tre ore e conoscevo
perfettamente i capezzoli di tutte le cameriere in topless che avevano l'ottima
abitudine di sbatterli in faccia durante il servizio.
Non avevo cavato molto dai miei
colleghi. Il più chiacchierone era l'irlandese. L'avvoltoio anche quando non
ripuliva carcasse stava sulle sue, quasi appollaiato sulla sedia a fissare
dall'alto la bottiglia. C'era anche la segretaria, una moretta sui 30,
parecchio insipida che lavorava in ufficio e una sua amica disgustata da quel
ritrovo di ormoni maschili.
-Un ultimo giro e poi tutti a nanna.-
dissi con la voce un po' liquida. L'irlandese protestò biascicando qualcosa
sulla notte giovane, ma poi accettò di buon grado il bicchiere della staffa. Fu
a quel punto che la segretaria se ne uscì fuori con qualcosa. Alzò il bicchiere
cercando prima il mio.
-Si brindiamo perché magari non ne
avremo più la possibilità. Si festeggia mentre Roma brucia. Una storia già
vista.
-Cosa intendi dire? Che il capo vuole
chiudere il macello e licenziare tutti?- chiesi immaginandomi che avesse
sbirciato nei conti dell'azienda.
-Il capo lo ha tenuto per se e ha
chiesto allo sceriffo di non allarmare nessuno, ma l'altra notte qualcuno si è
introdotto nello stabilimento. La guardia non è riuscita a beccarlo. Sembrava
cercasse qualcosa.
L'amica sonnecchiava piegata sul
tavolo, l'avvoltoio mosse un sopracciglio. L'irlandese guardava nella direzione
di capezzoli in movimento.
-Scusa Johnny, non volevo rovinare la
tua serata.
Lei non lo sapeva, ma stava iniziando
finalmente ad ingranare. Mi sentii un verme con lei, ma le chiesi se avremmo
potuto continuare a parlare da soli, da qualche parte. Era venuta al Killer
Tits Bar perchè aveva un'evidente debole nei miei confronti. Chissà cosa
avrebbe detto se avesse saputo che sotto il mio bel faccino da motociclista si
nascondeva un teschio con la permanente di fuoco.
L'irlandese mi chiese sottovoce se ero
munito di preservativi e poi guadagnò il bagno. L'avvoltoio mi salutò a suo
modo con un cenno sobrio della mano. L'amica adesso russava spalmata sempre più
sul tavolo.
Fuori la segretaria mi prese sotto
braccio.
-Potremmo andare da me.
-Si buona idea, io sto ancora al
motel. Cosa sai sul tizio che ha fatto irruzione?- dissi guardandola nel modo
più sexy possibile.
-Il capo sospetta che faccia parte di
una fazione ambientalista. Secondo lui non stava cercando qualcosa, ma voleva
piazzare una bomba. Ma non possiamo parlare d'altro... di quello che potremmo
fare stanotte?
-Certo, ma lo vuoi conoscere un
segreto?
Era nello stadio in cui il mio fascino
e l'alcol potevano farle credere a qualunque cosa.
-Sono in missione, sotto copertura. Di
più non posso dirti.
Lei sembrò per un attimo sgusciare
dalla mia rete.
-Ho capito, mi stai seducendo per
avere informazioni...- mi saltò addosso baciandomi, feci fatica a sostenerla e
solo un provvidenziale pick up parcheggiato vicino mi offri l'appoggio
necessario per non farci cadere entrambi- mi va benissimo, cosa sei disposto a
darmi per tutto quello che so?
Me la trovai attaccata alle labbra.
Accettai il bacio e poi dopo che si fu calmata.
-C'è un gruppo ambientalista che
agisce qui in città?
-Ho sentito lo sceriffo parlare con il
mio capo- fece una pausa ripassandosi le labbra con un rossetto più carico- noi
segretarie siamo brave ad origliare. Lo sceriffo sapeva chi poteva essere e ha
aggiunto che ci avrebbe pensato lui. Solo che non si occupa solo di Twin Falls,
troppi pochi abitanti per avere uno sceriffo, e così... ho paura che prima che
lo pizzichi, il tipo ambientalista potrebbe colpire ancora.
A questo punto in un copione perfetto
si sarebbe sentito un urlo disumano di qualcuno che veniva scannato vivo.
Quello che udimmo era qualcosa che superava ogni grido possibile e proveniva dal
Killer Tits bar.
Corsi verso l'ingresso sentendo il
fuoco infernale che pompava furioso e correva veloce nelle vene pronto ad
incendiarmi il cuore. La trasformazione era vicina. Mi gettai nell'angolo buio
che si illuminò di fiamme non di questo mondo. La segretaria chiamò il mio nome
e quando vide un teschio fiammeggiante entrare nel bar svenne semplicemente.
All'interno c'era una gran confusione.
La mia presenza ebbe lo stesso effetto di un cerino in un bidone di benzina.
Una ragazza in topless tremava in un
angolo. Il barista aveva in mano il fucile che usava per dissuadere certi
clienti. Ghost Rider lo fissò e lui si rannicchiò dietro il bancone. L'amica
dormiva della grossa sul tavolo. L'avvoltoio invece era vicino al bagno e aveva
le braccia dal gomito alle dita sporche di sangue. Da come si muoveva e urlava
non doveva essere il suo.
Ghost Rider lo scansò entrando nel
bagno. Vidì attraverso i suoi occhi. Se fossi stato umano avrei vomitato il
pasto di una settimana. Il cesso faceva già schifo di suo senza la cosa appesa
nel centro ad un gancio rossastro. Era come uno degli animali del macello, solo
che quel torso sventrato nel centro e aperto era quello di un uomo. Una delle
porte dei bagni era spalancata, Ghost Rider superò quel trofeo sotto il quale
si era creata una pozza rossastra e densa. Sopra la tavoletta c'era la testa
dell'irlandese.
Ghost Rider non si scompose e andò
verso la parete che dava sull'esterno. Concentrò l'energia in un pugno e la
sfondò come fosse di cartone. Uscì fuori. La notte adesso era striata di rosso:
bagliori nel cielo come fulmini cremisi che annunciavano una tempesta di
sangue. L'atmosfera era quella del mio incubo. Perché uccidere in quel modo
l'irlandese?
Ghost Rider alzò lo sguardo, una
piccola utilitaria stava cadendo contro di lui. Si piegò leggermente e con una
lingua di fuoco che gli uscì dalla bocca, tipo drago, la tagliò in due. Rimase
calmo mentre le due parti gli caddero di fianco.
Sentii, dall'interno di Ghost Rider,
le macchine che venivano messe in moto. La gente che c'era stava lasciando in
fretta il luogo della battaglia.
Il cielo rosso nascondeva la figura
dello stesso intenso colore che vi fluttuava in mezzo e, solo quando questa
scese in terra, Ghost Rider potè avere un bersaglio contro cui indirizzare la
sua rabbia.
-Empia creatura devi pagare per il
sangue che hai versato. Lo sguardo della vendetta cadrà su di te.
Attraverso le orbite dello spirito
della vendetta mi sembrava un uomo, forse uno di quei super criminali dai
costumi sgargianti. Quello che aveva fatto all'irlandese nel bagno però non era
da essere umano.
Ghost Rider lo attaccò solo per
scoprire che i suoi poteri soprannaturali gli permettevano di moltiplicare la
sua immagine creando tante figure come la sua. Ombre rosse come quelle dell'incubo.Parlò.
-Io sono la vendetta. Vendico esseri
che non hanno voce, che vengono macellati solo perché noi cosiddetti umani
possiamo nutrirci. Costruiamo interi edifici dove pratichiamo una tortura
legalizzata, un massacro alla luce del sole. La storia non ci ha insegnato
nulla, siamo rabbrividiti per le deportazioni e le stragi, ma quando le vittime
non camminano erette guardiamo dall'altra parte o peggio giustifichiamo il
tutto come qualcosa di necessario.
Ghost Rider non lo ascoltava mentre
colpiva quei fantasmi rossi. Quando l'ultimo si fu dissolto davanti a lui si
trovò a pochi metri dal suo nemico. Il suo costume non era di tessuto, ma di
carne e sangue pulsanti. E alla mano aveva un anello come nel sogno.
-La mia causa è giusta oppure non
avrei trovato questo anello. Non è stato Dio a darmelo perché ha creato gli
uomini mangiatori di carne ma qualcuno più potente di lui. Quando avrò finito
qui in terra andrò anche a cercarlo nel paradiso dove si nasconde.
Puro delirio di onnipotenza
accresciuto dal potere che aveva ottenuto.
-Il destino è buffo.- rise e il cielo
sopra di lui lo seguì ricamandosi di fulmini rossi -Come si potrebbe definire
altrimenti il fatto che ho trovato l'arma per distruggere la dittatura della
carne in un macello come quello di Twin Falls.
Dieci a uno che quello era il vegano
terrorista che si era introdotto nello stabilimento e che lo sceriffo cercava.
Vedendo cosa era diventato sperai che non l'avesse ancora fatto.
Provai una cosa che non avevo mai
tentato da quando, dopo essere tornato come Ghost Rider, scoprii che il mio
nuovo rapporto con lui era come quello tra un master e il suo schiavo.
Gli parlai chiedendogli di lasciarmi
dirigere le danze.
Non so come feci, ma mi trovai a
dettare le sue parole. La voce cavernosa dello spirito adesso aveva il mio modo
di parlare.
-Cosa aveva fatto di male quel povero
ragazzo che hai squartato e appeso? Non ti sei mai chiesto che, come molti che
lavorano nei macelli, magari non gli piacesse quello che faceva, ma era il suo
lavoro e non aveva possibilità di trovarne altri. Ti poni sopra tutti
guardandoci con la tua ottica distorta e assolutista di mangia carote, ci
giudichi degli assassini quando l'unico che lo è sei tu.
-Ho sentito i suoi pensieri. I
pensieri di tutti. Vi preoccupate solo di quanto è buona una bistecca, di cosa
finisce nel vostro piatto. Lui è il primo. Me lo ha detto l'anello. Quando l'ho
infilato nel suo corpo ancora caldo e aperto... ho sentito altra energia. L'ho
ricaricato- sollevò il braccio e un lampo rosso scaturì dalla mano con
l'anello.
-Da dove viene quella cosa?
-Non lo so, ma era nascosta in una
cassetta nei sotterranei del macello e mi chiamava. Diceva il mio nome. L'ho
indossato e mi ha detto cosa fare. L'anello però non sapeva che c'erano altri
come me.
-Sei posseduto da quella cosa come lo
sono io. Lo vedi questo corpo, questa faccia di teschio è la mia maledizione.
-E' una benedizione, un dono che stai
sprecando. Questi poteri ci aiuteranno a cambiare il mondo.
-Quell'anello vuole solo carne umana
per prendere energia, non succhia la tua soltanto perchè da solo non può avere
ciò che vuole. Se mi ascolterai ti aiuterò a togliertelo.
-Io non voglio farlo.
Il tempo della diplomazia era finito. Si
sentirono dei tuoni e poi la pioggia che cadde era densa e aveva il sapore del
sangue.
Come nel mio incubo. Ghost Rider
rivoleva il controllo, gli chiesi di darmi ancora un po' di tempo. Accettò.
La voce della segretaria che si
risvegliò con in bocca del sangue attirò prima il mio nemico.
Quei bastardi che erano scappati dal
locale l'avevano lasciata lì. O forse non se ne erano accorti nella fretta. Non
feci in tempo a prenderla tra le braccia ossute di Ghost Rider, perché l'essere
la ghermì sollevandola con dei fili che erano tendini e nervi umani. Lo vidi
andarsene via camminando nell'aria rossa e elettrica. Non potevo seguirlo, ma
sapevo dove la stava portando.
***
La porta di metallo del macello si
chiuse alle mie spalle e il rumore colpì come un'onda l'interno fino a quando
non si dissolse nel buio. In quella semi oscurità, ferita solo dalle luci rosse
che entravano dai finestroni in alto,riconoscevo a stento quell'ambiente.
Alzai lo sguardo del teschio e sopra
la mia testa c'erano i ganci per le bestie e in quelle tenebre i loro profili
sembravano quelli di nemici nell'ombra. Ghost Rider non aveva certo paura del
buio, ma io ero pur sempre umano e ragionavo come tale.
Allungai una mano e lasciai che una
fiammella di fuoco infernale si formasse intorno alle dita. La sollevai avendo
adesso una torcia con cui dare luce al nero.
Si annunciò con un sibilo, ma non
riuscii ad evitarlo e così l'uncino di metallo dondolò prima silenzioso alle
mie spalle e poi si conficcò nella schiena superando la protezione del
giubbotto e ancorandosi alla spina dorsale.
Non urlai, ma il mio tentativo di
liberarmene subito fu frustrato dalla catena che tornava in alto a scorrere
dentro al nastro che si era messo in movimento.
In due giorni avevo l'avevo visto
tante volte in azione mentre trascinava gli animali sgozzati e sventrati
attraverso le porte automatiche e poi nel grande ventre del deposito.
Il mio nemico mi stava portando alla
sua festa e aveva fatto in modo che non rifiutassi l'invito.
Non mi dimenai più, rimasi calmo
appeso lì come uno dei tanti pezzi di carne che erano passati prima di me. Le
porte stridettero e si spalancarono come quelle di un tunnel dell'orrore e io
mi trovai a sbattere contro due carcasse prima che il nastro si bloccasse di
nuovo.
-Come ci si sente ad essere trattati
in questo modo? Credi ancora che gli uomini debbano far soffrire così tanto
degli animali al solo scopo di nutrirsi?
La voce sembrava muoversi come una
cosa viva attraverso le mucche, era così potente da scontrarle, spostandole dal
suo cammino. Poi la catena scese bruscamente e mi ritrovai a terra. Mi girai e
con la fiamma che ancora ardeva nella mia mano sciolsi il manico del gancio. La
parte che restava la tolsi con un po' di sforzo e il suono che produsse fu
simile a quello del tappo di un bottiglia.
Non avevo né carne né sangue solo ossa
avvolte dalle fiamme. Mi trovai
circondato dai cadaveri delle bestie. La voce tornò e ruggiva più di prima, era
come un vento sonoro. Le fiamme sulla mia testa si mossero presagendo un attacco.
-Quello che si pratica qui dentro è un
orribile sterminio. L'uomo ha sempre arrecato dolore non perchè non ci fosse
altro modo, ma perchè è nella sua natura. Ha inventato la tortura e sappiamo
bene che solo in pochi casi è davvero servita ad ottenere qualcosa. Per il
resto ha fatto venire orgasmi a chi la praticava.
Stava cercando di distrarmi non solo
con le sue parole come uncini, ma anche facendo muovere le carcasse appese.
Iniziarono una danza di carogne, si spostavano lungo le direttrici dei nastri.
C'era un gran rumore di metallo che ne toccava altro.
-Dov'è la ragazza? Lei è innocente.
-E come tale verrà trattata.
Gli occhi di Ghost Rider erano fori
riempiti di nero e nulla eppure dentro quel buio avvampava il mio sguardo e
adesso si posava sul corpo della segretaria. Era legata mani e piedi e penzolava come tutto in
quel dannato deposito. Non era cosciente. Meglio così. Meglio per lei.
-So perchè te ne stai nell'ombra e ti
proteggi dietro alla ragazza?. Il tuo potere si sta esaurendo non è vero?
Per tutta risposta la carne si aprì
davanti a me come un mar rosso organico. Non vedevo cosa si stesse muovendo in
mezzo sentii solo il pugno poderoso allo stomaco. Mi ritrovai catapultato
all'indietro contro la parete che resse all'impatto con il mio corpo
potenziato.
-Basta giochetti? A me sta bene. Sono
un tipo che sa tanto incassare...
Mi gettai su di lui e lo placcai. Ma
quello che le mie braccia strinsero era solo un vapore rossastro. Avevo
abbassato la guardia e così mi trovai ad essere calciato come un pallone.
Ruzzolai di nuovo contro la parete. Se le mie ossa fossero state normali a quel
punto non ne avrei avuta più una intatta.
Mi rialzai. Mi sembrava di essere in
un brutto spaghetti western dove l'eroe viene brutalmente pestato. Era meglio
passare alla parte dove il nostro si vendicava restituendo colpo su colpo.
Ghost Rider premeva sempre più dentro
il cranio, voleva riprendere il suo corpo. Era come se mi dicesse che adesso la
mia ora d'aria era finita. Non volevo mollare, in un certo senso stavo
dimostrando qualcosa a me stesso e all'essere che mi aveva maledetto.
Rimasi lì a leccarmi ferite che non
c'erano, volevo che il vegano lo credesse solo così avrebbe fatto il passo più lungo
della gamba. Letteralmente perchè stavolta il suo calcio divenne preda delle
mie mani. Finalmente stringevo qualcosa tra le dita.
Lo afferrai e iniziai a farlo girare
intorno fino a quando non divenne una saetta rossa e allora lo spedii contro la
cella frigorifera. Impattò così' forte contro la porta, spessa parecchi cm, da
aprirci un foro in mezzo e finire dritto nella ghiacciaia. Scardinai quanto
rimaneva in piedi e armato di quello lo colpii di nuovo.
Lo vidi nei suoi occhi, piccoli nei
scuri sulla faccia rossa, che aveva paura, che il suo sguardo puntato
sull'anello lo angosciava.
-Questa volta non c'è un irlandese da
usare come una batteria vivente, questa volta ci siamo solo tu ed io. Chiunque
tu sia?. E' evidente che dentro quel guscio non ci sia più nulla di umano.
-Io non rinnego le mie origini tu
invece Zarathos ti sporchi le mani ossute con gli umani, lasci che siano loro a
guidarti.
-Chi sei?
-Sono tornato e questo basta.
-Hai vinto una battaglia non la
guerra.
L'anello scivolò dal dito e si sollevò
in aria.
Non feci in tempo a fare nulla che
scomparve.
Presi in braccio l'uomo che era stato
corrotto da quel male di cui non conoscevo nulla, mentre lui al contrario
sembrava sapere parecchio su di me e su Ghost Rider, e lo portai fuori.
Non potei aiutarlo ne fermare la
degenerazione veloce che divorò prima la pelle, poi i muscoli fino a consumare
ogni fibra del suo essere. Per un attimo le mie orbite fissarono quelle di un
altro teschio e poi non fu più nemmeno polvere. La ragazza era ancora svenuta,
la liberai. Sarei partito da Twin Falls quella notte stessa. Dietro di me la
forma scura del macello si allontanava mentre me ne andavo.
La trasformazione in umano fu più
dolorosa del solito come se Ghost Rider
volesse ricordarmi che comandava sempre lui. Dopo aver visto com'era
finita la possessione dell'anello pensai che a me andava ancora bene. Riavevo
la mia pelle, la mia carne anche se non era piacevole mentre si formava sulle
ossa come creta.
La mia moto venne a prendermi, una
freccia di fuoco che si fermò a pochi passi da me prima di tornare normale. Me
ne andavo da lì con più domande di quante ne avessi al mio arrivo. Cos'era
quell'anello? Da dove veniva? Avevo
un’unica certezza, quella che avrei sentito ancora parlare di quella
cosa. Qualcuno la chiamava la maledizione dell'eroe, io semplicemente il mio lavoro. Il mio dannato lavoro.
FINE.